Testo di Miklos N. Varga, Milano 1984

“Segni – sogni” di Silvana Martignoni.

Siamo “segnicodipendenti” dalle rapine dello sguardo. I segni del vedere, complici della memoria, diventano i sogni del sentire. E l’universo dell’immaginario è la nostra riserva energetica, il luogo della rigenerazione cui aspiriamo fra il finito delle cose e l’infinito delle nostre proiezioni. Smarrimento e ritrovamento convivono in noi: segni smarriti nei sogni ritrovati, oppure sogni smarriti nei segni ritrovati. Con lo sguardo pronto a ricevere ciò che la mente vorrebbe comunicare, magari visualizzare,, fissando il luogo dove l’immaginario diventa immagine, per poi ricominciare (o azzerare) tutto in silenzio, nella solitudine degli spazi inesplorati. Ritornare al punto di partenza, come suggerisce implicitamente Maurice Blanchot: “Prima di cominciare, già si ricomincia; non si è ancora finito che già si ripete…” Un punto mobile sul percorso della nostra infinita circolarità. Spazio e tempo come smarrimento e ritrovamento, dal reale all’immaginario, in funzione delle nostre reversibili vestizioni poetiche, mobilitando lo sguardo fra le impressioni del vedere e le espressioni del sentire.         Ed è proprio lo sguardo l’artefice della nostra “segnicodipendenza”, conoscitiva e immaginativa.

Conoscere per immaginare è la costante della nostra esperienza, storica e quotidiana. Anche per Silvana Martignoni, la cui “riflessione dello sguardo” viene depurata e filtrata sulla lastra incisoria prima di restituire l’immagine che presiede all’elaborazione processuale della propria “segnicodipendenza”. Proprietà di causa che il mezzo tecnico tramanda, quasi in dissolvenza, o in trasparenza concettuale, nelle risultanze affidate ai fogli stampati. Di qui nascono le immagini dei “segni-sogni”, quali visioni di un mondo referenziato dalla riconoscibilità indugiante dello sguardo e percorso dall’esperienza che condensa, dal reale all’immaginario, lo smarrimento e il ritrovamento di sé (artista e spettatore) nella circolarità poetica del vissuto. Così, allo specchio di Blanchot:”Prima di cominciare, già si ricomincia; non si è ancora finito che già si ripete…” Cosa? L’esperienza dello sguardo, intermediario fra le impressioni del vedere e le espressioni del sentire. Certo, lo sguardo che affila e affina i mezzi e gli strumenti per offrirsi, a sua volta, al rispecchiamento di altri sguardi “attraverso” la rappresentazione spazio temporale dell’immagine. E’ un processo storico che non si ripete all’infinito, almeno finchè noi stessi non saremo finiti….nel Nulla cosmico.

[….]il linguaggio di Martignoni è nutrito di linfe cromatiche “invisibili”, non apparenti ma persistenti aldilà dell’impatto retinico. Anche questa è un’esperienza dello sguardo, cangiante alla riflessione metamorfica dell’immagine. Una seduzione avventurosa e un invito all’abbandono: perché “prima di cominciare, già si ricomincia; non si è ancora finito che già si ripete…” Così è nei segni-sogni di Silvana Martignoni.