Testo di Gianfranco Bruno, Genova 1983

“I fogli di Silvana Martignoni”

[….]Al di là di ogni atteggiamento sperimentale, suggestivo per chi, come questa giovane artista, conduce la propria ricerca su lastra incisoria, Martignoni ha scelto la grafica come uno strumento di scoperta emozionale e anzi, forse proprio la duttilità di quel mezzo e le infinite possibilità di variazione che esso propizia, le consentono l’approfondimento del proprio delicato mondo poetico.

[….] Questa poetica di ombre e luci, fatta sottile dall’assiduo vegliare dell’artista sull’incorporeità di segni leggeri, tremuli come erbe di prato,, trova nel bianco e nero un riferimento tutto spirituale di quell’esperienza di natura da cui pure l’immagine trae origine. Si capisce anche perché talvolta l’artista scavi l’oggetto sino a rivelarne un’estenuata forma: l’analisi è conoscenza, tramite necessario a quel librarsi d’ogni forma, tuttora evidente, nel trasparente tessuto dell’immagine. Così Martignoni dispone un repertorio di segni che si amplia molteplice sull’infinita natura, e quell’attitudine amorevole verso le forme naturali è solo una via alla scoperta del proprio mondo fantastico. L’aria che scorre leggera nelle immagini dell’artista, è si il respiro di natura, ma divenuto materia di luce che ricompone nell’unità della forma la dispiegata ricchezza del vero.