Testo di Enrica Cassa Salvi, Brescia 1986

[….]L’unica pecca d’enfasi la si può trovare forse proprio là dove più tace o più si disfa il segno: un certo abuso dei vapori, dello sfumato, delle trasparenze luminose nella nebbia. Ma queste stesse trasparenze, là dove occupano la loro funzione di dialogo silente con erbe e arbusti, costituiscono invece uno dei motivi di fascino dei fogli della Martignoni.

Poche parole- chiave per una emozione omogenea, variata su un unico tema. Grazie a questa emozione, prendendo a guida questo tema, la Martignoni entra nel bosco della vita, fin dentro alle atmosfere più silenziose; paziente e insistente, con intima fiducia nel sentiero stretto scelto per penetrarlo e coglierlo nella sua verità: solitudine, nebbia, fragilità, oscuro, sottile fermento; ma anche profonda serenità e pace contemplativa. In questa pace il disordine si riscatta e gli arbusti paiono quasi piegare ad una composizione, come di grande nido o di vortice che attira, cattura e a modo suo avvolge, protegge. Nell’insieme, la trama sempre esile ed elegante di armi o arbusti sottili, il gusto dell’arabesco attinge una grazia di stampo nettamente giapponese.